Buttafuoco dell’Oltrepò Pavese 2016 a confronto: Andrea Picchioni e Bruno Verdi

Punti di riferimento dell’enologia d’Oltrepò, le due aziende di Canneto Pavese, in provincia di Pavia, si disputano ogni anno la nostra preferenza per quanto concerne le denominazioni tradizionali del Territorio di provenienza, senza peraltro rinunciare a qualche riuscitissima sperimentazione “fuori disciplinare”. Picchioni punta prevalentemente su tecnica e carattere varietale, fregiandosi d’un terroir di tutto rispetto; Verdi non è da meno, coi suoi 15 ettari di vigneti ubicati sulla prima fascia collinare; entrambi sciorinano annualmente prodotti in grado di riscuotere successi di pubblico e di critica assai importanti a livello nazionale. Ferma restante la sovrapponibilità delle proposte in termini di tipologie (in verità un po’ più ampia la gamma di Verdi), abbiamo deciso di operare un confronto “punto a punto” affidandoci ai capisaldi delle denominazioni pavesi traendo incipit dal Buttafuoco, il cui nome deriverebbe da “al buta me al feugh”, espressione dialettale che significa “scalda come il fuoco” e che testimonia come tale vino rappresenti una delle più importanti varietà locali soprattuto per quanto riguarda carattere e corpo. Otto giorni di fermentazione a contatto con le bucce e 6 mesi di affinamento in vasca per il Cerasa di Andrea; 4 giorni di fermentazione in vinificatore e maturazione in cemento per il Buttafuoco di Bruno Verdi. Differenti finanche nel vitigno impiegato a “supporto” dei fondamentali Croatina e Barbera (Vespolina in precentuale variabile secondo le annate per Picchioni contro il 15% di Uva Rara preferito da Bruno Verdi), dovremmo trovarci in definitiva davanti a due interpretazioni distinte del medesimo prodotto. Scopriamo com’è andata.

Li abbiamo trovati così:

Picchioni Andrea

Aspetto – Granato con unghia e riflessi porpora.
Olfatto – Intenso, marcati sentori di frutti di bosco sopra un fondo etereo fresco e goloso, invitante; in profondità si apre a dolci tonalità d’alloro e tenui tracce tostate.
Gusto & Struttura – Ruvido ma scattante, acerbo ma gustoso, di buona polpa a centro bocca, dove si sorregge a un possente nerbo acidulo; il frutto è pregnante, ricco e goloso, e in chiusura si miscela a note più compiute e mature, dolcemente e delicatamente speziate.
Gradimento (79/100) – Giovane e sbarazzino ma non ingenuo, un Buttafuoco di polpa e di rispetto, dotato di notevoli possibilità evolutive ma che non lesina soddisfazione, soprattutto in termini di golosità, anche a solo poco più di un anno dalla vendemmia.

Bruno Verdi

Aspetto – Rubino con riflessi e unghia porpora.
Olfatto – Intensi sentori di fiori appassiti ben si amalgamano a un frutto rosso definito e dai contorni minimamente eterei; le tracce terziarie sono bilanciate da sbuffi floreali, notevoli il ritmo, la scansione e l’alternanza aromatica.
Gusto & Struttura – Finemente ispido al palato, tuttavia assai gradevole di frutto, dolce, scorrevole e maturo, bilanciato da una succosa acidità che si affila a centro bocca, tendendo talora verso tonalità di liquirizia amara; finale lungo e denso, con ricordi d’uva passa.
Gradimento (82/100) – Quest’anno assai convincente il Buttafuoco di Verdi, dai toni bilanciati e ben scolpiti, e soprattutto poliedrici, accattivanti e per nulla noiosi; disinvolto ma non banale, ripone in ogni caso nella notevole verve beverina il proprio punto d’eccellenza.

Verdetto secondo noi:

Entrambe interpretazioni snelle, scattanti, varietali e beverine declinate secondo stili differenti e peculiari, preferiamo forse, per questa edizione 2016, l’esemplare di Verdi per via della sua connotazione più incisiva a livello di frutto e di definizione aromatica, e per il profilo nel complesso più articolato emerso in sede di raffronto.

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