L’estrema propaggine sud occidentale della regione lombarda comprende un territorio appartenente alla tradizione storica e culturale (quindi anche gastronomica) pavese, pur presentando caratteri paesaggistici, geografici ed enologici più simili a quelli emiliani. In effetti il cosiddetto Oltrepò Pavese è, dal punto di vista cartografico, un lembo di terra situato a meridione del grande fiume padano, con la forma simile ad un cuneo inserito fra le regioni del Piemonte e dell’Emilia, ovvero fra le province di Alessandria e Piacenza (la forma ci ricorda anche, oltre al Texas, una sorta di grappolo d’uva, fateci caso: il destino è nell’aspetto oltre che, come asserivano gli antichi romani, nel “nomen”?).
Provenendo da nord, una delle vie d’accesso transita attraverso la galleria metallica a cielo aperto del Ponte della Becca, costruito esattamente sopra il punto di confluenza tra i fiumi Po e Ticino. All’estremità settentrionale di tale singolare viadotto si trova il comune di Linarolo, lambito da entrambi i corsi d’acqua il cui congiungimento viene scavalcato per approdare a Busca, frazione di Mezzanino, in territorio già oltrepadano. Ad entrambi i luoghi abbiamo dedicato una breve sosta per ammirare i fitti pioppeti lungo la sponda del Po oppure i desolati lembi di spiaggia chiara (in altri periodi c’è spazio anche per i nudisti) e l’approdo per le piccole imbarcazioni da diporto dall’altro lato, quello dell’affluente.
Il nostro obiettivo era in ogni caso la zona nord orientale di questa sorta di sottoregione: un territorio silenzioso e genuino, dove i vigneti si alternano talvolta a tratti di bosco ceduo e dove il paesaggio risente di un certo dissesto geologico che lo rende meno “ordinato” rispetto ad altre zone più famose. In compenso possiede il fascino dei luoghi più distanti dai percorsi modaioli del turismo enogastronomico, rappresentando nondimeno un’autentica miniera di aziende agricole che sfornano prodotti caseari e insaccati di qualità, ma soprattutto vino.
Lasciata la zona pedecollinare a Broni ci siamo diretti verso Canneto Pavese, dove la terra comincia a ingobbirsi e coprirsi di filari, e l’offerta enologica si ingolosisce di peculiarità pregiate quali il Buttafuoco o il Sangue di Giuda (assemblaggi di uve Barbera, Croatina e Vespolina), ai quali si affiancano, raccolti sotto l’unica denominazione Oltrepò Pavese, i vari Pinot Nero, Barbera, Bonarda (Croatina quasi in purezza), Riesling Renano e Italico oltre, naturalmente, agli ottimi spumanti fra i quali spicca la nuova tendenza, recentemente assurta a simbolo stesso d’Oltrepo, del Cruasè: un rosè (il termine mescola appunto “cruà”, nome del vitigno più coltivato in Oltrepò nel ‘700, a “rosè”) ottenuto da uve Pinot Nero attraverso il Metodo Classico.
Scendendo in direzione sud est ci siamo quindi immessi nella valle del torrente Versa, per pranzare in una tipica trattoria d’Oltrepò a Montù Beccaria e proseguire fino a Montecalvo Versiggia, percorrendo in direzione sud la Provinciale 201 (“strada del vino e dei sapori”) lungo la quale si incontrano schiere di produttori di vino (La Versa, Giorgi, Bagnasco…) e di altre golosità.
Il pranzo
– Trattoria di Campagna. Merito della gentila signora che ci ha accolto presso l’azienda Bruno Verdi se abbiamo scoperto questo locale che si presenta dall’esterno come una semplice e bassa casetta viola lungo una deviazione dalla provinciale 201 in direzione Montù. Nulla di eccezionale all’interno, tranne il gusto di una genuinità a misura d’uomo (l’ambiente è in grado di ospitare pochi coperti): arredamento domestico ed essenziale, personale (tre signore dall’aspetto anch’esso molto “famigliare”) per nulla affettato e menu snocciolati “in prosa”. Il beveraggio della casa, benchè in caraffa, è in realtà ottimo vino locale: noi abbiamo assaggiato una bonarda ferma, il Verzello dell’azienda Pietro Torti, gradevolmente fruttata e con una piacevole tonalità speziata. Talmente convincente da essercela andata a procurare in loco dal produttore dopo pranzo. Come primi ci sono stati portati due grandi vassoi rispettivamente di tortelli ai funghi e ravioli al brasato realmente fatti in casa (era abbastanza evidente), dai quali ciascuno ha potuto attingere a volontà. Per secondo abbiamo invece scelto il brasato al Buttafuoco. Peccato per il contorno sottotono rispetto al resto: un piattino con quattro fette di patate lesse.
Le cantine
– Bruno Verdi. Questa cantina-abitazione si trova in località Vergonberra nel comune di Canneto Pavese, il cui profilo si può osservare, adagiato sul crinale all’altro capo dell’avvallamento, appena prima di giungere a destinazione. All’arrivo ci ha accolto una donna che, sottratta alle faccende domestiche, ha principiato a parlarci dei propri vini (a dirigere l’azienda, eredità del padre Bruno, sono lei e il fratello Paolo, che avremmo incontrato poco più tardi), accompagnandoci in una visita dettagliata di ciascun ambiente interessato alla produzione. La gamma dell’offerta è davvero molto ampia, e comprende quasi tutte le possibilità offerte dalla DOC Oltrepò. Dopo avere degustato la Barbera Campo del Marrone 2010 (meno fruttata delle cugine astigiane, diversa e interessante) e il rosso riserva Cavariola 2008, abbiamo proceduto all’acquisto della prima e del molto ben quotato Riesling Renano 2011, nonchè dei coscritti Buttafuoco e Bonarda vivace “Possessione di Vergonberra”, e di un Pinot Nero 2009. Ci siamo lasciati tentare anche dall’eccentrico Cruasè 2009 metodo classico, al fine di farci un’idea il più completa possibile della realtà produttiva aziendale, da poco trasformata in “agricola” grazie all’ampliamento portato dall’acquisizione di alcuni lotti confinanti.
– Pietro Torti. In questa azienda di Montecalvo Versiggia ci siamo recati dopo pranzo, convinti dall’assaggio in trattoria della sua Bonarda ferma Verzello 2012 (Croatina in purezza). All’arrivo in località Castelrotto si può fare un po’ di confusione a causa della presenza di una cantina quasi omonima lungo la medesima strada, ma quella in questione fa capo all’edificio squadrato con le ampie vetrate al piano superiore. L’ingresso si trova sul retro, ed è qui, tra cataste di uva pronta per l’appassimento, che abbiamo incontrato il proprietario col quale ci siamo intrattenuti appena il tempo di acquistare quanto desideravamo.
– Distilleria Ghelfi. Fra le molteplici seduzioni offerte dalla “affollata” SP201 si annovera anche questa distilleria di Beria, frazione di Canneto, dove abbiamo piacevolmente sostato per assaggiare alcune grappe monovitigno ricavate dalle vinacce di un po’ tutte le uve utilizzate nella zona. In particolare abbiamo proceduto ad un confronto tra quelle da botti non di primo passaggio: Barbera (per la verità affatto invecchiata), Moscato, Bonarda (5 anni), Riesling e Pinot (già , ma quale?), con la sola eccezione della Malvasia, invecchiata in botte nuova (solo in questo caso una grappa si definisce barricata). Abbiamo preferito quella di Pinot alla più venduta Moscato perchè quest’ultima, benchè buona, non ciè sembrata all’altezza dell’altra di Moscato Giallo assaggiata da Niklaserhof a Caldaro.