L’angolo sud-orientale della Sicilia: luoghi e sapori

Percorrendo i viadotti attraverso gli altopiani, e le strade litoranee a debita distanza dalla costa distinguibile in lontananza, ciò che subito colpisce è il colore delle immense lande punteggiate d’alberi isolati, olivi o carrubi: è il giallo del fieno riarso, essiccato, un paglierino carico a tratti dorato come quello del più diffuso tra i vini della zona, l’Inzolia, nelle cui tonalità è il riverbero della potente luce solare. L’aria stessa qui è più luminosa, più abbagliante che altrove, come abbiamo potuto constatare sin dall’approdo nel porto di Palermo, laddove un ignaro turista continentale intende appieno l’importanza degli occhiali da sole oltre la loro funzione di accessorio alla moda.

A proposito di Inzolia, ne abbiamo provati diversi esemplari vinificati in purezza da produttori differenti, apprezzandone ovunque il carattere non molto acido ma riccamente sapido e profumato, di mandorla dolce; l’alcolicità stessa contribuisce a sbilanciarne la struttura verso una piacevole tendenza morbida. Del resto si tratta di un vitigno che concorre alla produzione di parecchi Vermut e Marsala.

Ma restando al territorio una caratteristica distingue nettamente questa porzione della Sicilia orientale (quella cosiddetta “greca”, diversa per alcuni tratti del carattere e delle tradizioni da quella occidentale “punica”) dalle altre due grandi isole del Mediterraneo, Sardegna e Corsica (specie rispetto alla prima, le affinità paesaggistiche sarebbero altrimenti varie): una maggiore antropizzazione soprattutto costiera. Nonostante i vastissimi spazi, i rettifili interminabili delle strade srotolate lungo campagne dove imperano l’olivo, la vite, il pomodorino dell’autoctona variante “Pachino” e i cocomeri, i centri urbani non sono poi così minuscoli né troppo sporadici: recandoci da Marina di Modica, dove abbiamo alloggiato, in direzione di Ispica (una strada che avremmo ripetuto innumerevoli volte) abbiamo trovato impressionante, per dimensioni, la veduta dell’agglomerato di Pozzallo disteso in basso sul bordo del mare; siamo successivamente rimasti sbalorditi anche nello scoprirne il numero dei residenti: quello che veniva descritto per lo più come un piccolo borgo di pescatori era in realtà una cittadina di quasi 20000 abitanti (la stessa vicina Ispica ne fa 15500, Modica quasi 56000…).

L’impronta dei centri urbani nell’intera zona corrispondente all’antico Vallo di Noto (oggi per la maggior parte suddiviso fra le province di Ragusa e Siracusa) è elegantemente barocca, avendone i devastanti terremoti del XVII secolo distrutto gli impianti medioevali e costretto la popolazione alla riedificazione della quasi totalità degli edifici religiosi o di rappresentanza. E la tortuosità delle forme, il sovrapporsi degli elementi, la ricchezza ridondante della decorazione esteriore apportati dalla nuova espressione stilistica, sembrano conformarsi al carattere stesso di una certa sicilianità che si evidenzia anche in cucina, dove dà vita a pietanze, dolci o bevande dal sapore intenso e dall’aspetto appariscente, in grado di allettare i sensi e talvolta perfino di risultare leziose ai palati meno avvezzi.

Il panorama enologico è caratterizzato dalla presenza di alcune zone DOC “esotiche” come l’Eloro Pachino, che utilizza Nero d’Avola in purezza e forse un po’ eccessivamente la barrique: un peccato. I rossi di queste parti risentono infatti troppo spesso dell’eccesso di sentori vanigliati tipici dell’impiego delle piccole botti di rovere francese. Ma è nei bianchi e soprattutto nei passiti, o comunque nei vini dolci, che la zona ci è parsa possedere il suo punto di forza: abbiamo assaggiato alcuni esemplari della DOC Moscato (e Passito) di Noto davvero meritevoli di lode, sapidi eppure dolcissimi, con la costante di un piacevole, goloso sapore di frutta sciroppata o candita.

Una menzione a parte la merita il vitigno Grillo (autoctono? Alcuni dicono importato in tempi remoti dalla Puglia), vinificato in purezza dalla cantina Feudo Ramaddini nel suo IGT “Nassa”: stupefacente il profumo di latte di mandorla che emana dal calice.

Presso alcune aziende agricole nei dintorni di Pachino abbiamo acquistato anche olio prodotto in due versioni, quello “più lavorato” e leggero oppure il rustico, di colore scuro e più piccante; e i famosi e pregiati pomodorini venduti per pochi euro a cassetta… Alcune di queste aziende producono anche il cosiddetto vino “padronale”: più frequenti i bianchi dei rossi, sono bevande spesso non prive di difetti, dal sentore di zolfo a una certa ossidazione. Del resto la temperatura, a queste latitudini (ci si trova oltre 40 km più a sud di Tunisi), raggiunge valori ragguardevoli, e la conservazione del vino richiede un’attenzione forse più maniacale che altrove.

Anche i formaggi sono stati protagonisti sulla nostra tavola. Da menzionare il Cosacavaddu (non è un refuso ortografico) Ibleo, salato, a pasta filata e dura; e il Ragusano, che in una delle sue versioni più stagionate abbiamo utilizzato per grattugiarlo sulla pasta in luogo del Parmigiano.

Ci sono molto piaciuti gli onnipresenti involtini, fette di vitello o lonza di maiale arrotolate e farcite con ogni ben di Dio (formaggio, carne trita, spinaci…), spesso guarniti con scaglie di pistacchio. Se lo si desidera, la loro preparazione può avvenire al momento presso qualunque macelleria. Quelle dove ci siamo serviti noi vendevano tutte carni degli Altopiani Iblei di propria produzione; ma ottimi spiedini li abbiamo acquistati anche presso una macelleria di Belpasso, tale “Chisari”, di ritorno dal Rifugio Sapienza.

Nessun excursus attraverso la cultura siciliana può però dirsi completo (forse nemmeno cominciato) senza aver parlato di pasticceria: dall’Etna (alla quale abbiamo dedicato una gita di un giorno) fino a Pachino, numerose sono state le granite assaggiate: alla mandorla, al cioccolato, al caffè e, specialità di alcuni locali, alle more di gelso. Con o senza panna, servita unitamente alla caratteristica brioche rotonda, l’interpretazione della granita in Sicilia è speciale: la densità, la consistenza quasi cremosa, la generosità degli aromi, la rendono un prodotto peculiare e quasi a sé stante.

Davvero originale è invece la natura del cannolo, forse il dolce siciliano per antonomasia. L’abbiamo provato in innumerevoli versioni, nei bar di Marina come nelle migliori pasticcerie di Modica Alta, incontrandone una perfetta interpretazione presso la celeberrima Dolceria Bonajuto dove pare si produca il migliore Cioccolato di Modica, famoso per la sua lavorazione semplice e priva di additivi. Preparati rigorosamente al momento, i cannoli li abbiamo assaggiati nelle versioni alla ricotta (quella tradizionale) e al pistacchio, e la cialda friabile non pareva nemmeno fritta nello strutto come vuole la ricetta, tanto ci è sembrata leggera.

Non abbiamo mancato di sperimentare anche gli ‘mpanatigghi, un altro dolce tipico di Modica. Sono biscotti dall’aspetto di panzerotti ripieni di un impasto di mandorle, cioccolato e noci mescolato a chiodi di garofano e cannella cui si aggiunge… carne di manzo. Tritata molto finemente, quest’ultima è praticamente assente nel gusto ma presumibilmente fondamentale per la consistenza della farcitura.

Un accenno va infine ai gelati, generalmente artigianali ed eccellenti ovunque e ancor più buoni se consumati dentro le consuete brioche rotonde. A noi è piaciuto in particolare quello della gelateria Fiore a Marina di Modica, ma anche al Caffè Sicilia di Scicli non sono stati da meno. Stranamente, ci ha un po’ deluso quello del celeberrimo omonimo di Noto.

Locali e strutture

Della moltitudine di alternative sperimentate proponiamo un minuscolo riassunto:
Residence Blu ModicaMare. Tre file di villette a schiera di due piani, ben arredate e affacciate su vialetti pulitissimi contornati da prati all’inglese; una piscina abbastanza ampia, molto curata anch’essa, e un titolare garbato e discretamente appassionato di vini con uno staff famigliare, disponibile e ben educato. Se a questo si aggiunge una distanza risibile dal mare (meno di 200m dal bagnasciuga e ancor meno dalla spiaggia), cos’altro si può domandare a una struttura che presenta peraltro il vantaggio di essere stata inaugurata solo l’anno scorso?
Osteria dei sapori perduti. Menu in lingua siciliana con tanto di libretto a parte per illustrare ciascun piatto e dettagliarne la preparazione: si tratta di un locale che offre cucina tipica a prezzi onesti nonostante l’ubicazione lungo il centralissimo Corso Umberto di Modica. Noi vi abbiamo desinato più volte durante le nostre sortite in città,apprezzandone in particolare i piatti a base di legumi: buono il Maccu (una sorta di mousse di fave con la pasta), che ci è stato servito in una zuppiera dalla quale ciascuno ha potuto attingere almeno 3 porzioni (il tutto per 6€…); anche i cavatelli con piselli e ricotta, se la sono… cavata, ma abbiamo trovato un po’ più “anonimi” i primi e i secondi a base di carne (comunque non da bocciare). Peccato alla fine esserci lasciati indietro il famoso cunigghiu alla stimpirata su indicazione di un’amica incontrata in spiaggia: “niente di eccezionale” ci aveva fatto intendere lei, modicana, riguardo uno dei piatti tipici della sua città… invece sarebbe stato meglio assaggiarlo e poterne adesso parlare.
Caffè Sicilia (Scicli). Meno famoso del suo omonimo di Noto, entrambi posti lungo la via che conduce alle Chiese Madri delle rispettive cittadine, ci siamo trovati egregiamente pagando sensibilmente meno.
Pasticceria Torrisi. Il gazebo di questo locale, che è anche una tavola calda, è situato sulla terrazza di piazza Umberto I a Zafferana Etnea. Da un lato il profilo eclettico della Chiesa Madre (Santa Maria della Provvidenza), con la nera scalinata di pietra lavica in contrasto col bianco della facciata, e la cima dell’Etna sullo sfondo; dall’altro il panorama del Belvedere e, davanti a noi, granite alla mandorla e al cioccolato con brioche…
Antica Dolceria Bonajuto. Da un vicolo lungo Corso Umberto, quasi di fronte alla Chiesa Madre di San Pietro, una porticina immette in uno spazio ristretto con arredamento ligneo solenne, quasi da museo. I prodotti che qui vengono preparati e venduti, dai cannoli fatti al momento al cioccolato e ai torroni, ci sono parsi all’altezza della reputazione internazionale di questo posto, tanto profonda da indurre turisti stranieri a filmare dentro e fuori il piccolo locale (salvo poi lasciare a metà i cannoli sui piatti di vetro lungo le mensoline… babbi!).

Le cantine

Ci asteniamo dallo stilare l’elenco delle cantine dove abbiamo assaggiato prodotti qualitativamente inferiori alla media (purtroppo più d’una). Per molte di esse si tratta di realtà famigliari in cui si vinifica in modo poco più che casereccio, ma alcune imbottigliano con tanto di etichetta, e sono talvolta dotate di spazi vasti e attrezzati. Tuttavia la sostanza non varia.
– Feudo Ramaddini. Propostami dal titolare del residence dove abbiamo alloggiato, questa cantina di Marzamemi (amena località balneare ionica della provincia di Siracusa), si è rivelata una scoperta positiva sin dagli esordi: dal profumato “Nassa” (a base di Grillo 100%) all’aromatico “420” Chardonnay fino al Passito di Noto DOC “El Hamen”, elegante e delizioso, le sue interpretazioni ci sono tutte piaciute. Non abbiamo provato i rossi.
– Feudo Rudinì.
Ubicata nel territorio di Pachino, lungo una traversa della strada per Marzamemi, l’aspetto è quello di una grande realtà produttiva quale in effetti è (forse la più vasta dell’intera zona). Ne abbiamo apprezzato il sapido e non troppo acido Inzolia (vitigno autoctono spesso utilizzato per tagliare Vermut e Marsala) e il Moscato, altrettanto sapido ma dolcissimo di albicocche sciroppate. Nel momento in cui scriviamo siamo in attesa di assaggiare l’Eloro Pachino a base di Nero d’Avola, rispetto al quale va raccontato un piccolo aneddoto: acquistato durante il nostro primo passaggio in cantina dopo averne declinato la degustazione (il caldo, il volante… i bianchi), l’addetta alle vendite ce lo aveva proposto quale rosso non barricato, per essere smentita la volta successiva da un altro addetto; perciò non ne abbiamo presi altri esemplari e aspettiamo di provarlo, sebbene sul sito si faccia menzione di certe “note di vaniglia”…
– Azienda Agricola Terre di Noto. Percorrendo la strada per Pachino provenendo da Ispica, poco dopo il cartello che annuncia l’avvicendamento tra le province di Ragusa e Siracusa, se ne scorge il cancello d’ingresso affiancato dalla grossa forma di bottiglia. Siamo stati accolti da un ragazzo che gentilmente ci ha offerto in assaggio tutti i vini della produzione e soprattutto lo ha fatto utilizzando calici seri, cosa non comune a quanto pare da queste parti. I vini assaggiati sono risultati degni di menzione, soprattutto il Passito di Noto DOC, il “Balame” 100% Inzolia e un altro indovinato IGT, il “Liame” (85% Chardonnay e 15% Moscato), cui l’apporto del Moscato, aggiunto al già aromatico Chardonnay, conferisce un gusto assai particolare e beverino (pericolosissimo…).

I luoghi

In Sicilia è così: troppe cose da vedere nel raggio di pochi chilometri da ovunque ci si trovi. Culturalmente l’offerta è davvero vasta, e noi ce ne siamo tanto più resi conto quando, a vacanza terminata, ciò che avevamo lasciato indietro tra quanto ci eravamo prefissati di vedere superava quello che avevamo visto. Non ci è rimasto tempo, ad esempio, per esplorare meglio il territorio di Ragusa (nella cui provincia “abitavamo”) e le zone dei suoi vini DOC (Vittoria, Chiaramonte Gulfi…), perché abbiamo fatalmente orientato il nostro baricentro verso la provincia di Siracusa; in fondo ciò potrebbe giustificare un ritorno nei medesimi luoghi a breve giro…
Marina di Modica. Poco più che un agglomerato di case e villette. La struttura dove abbiamo alloggiato pare sia al momento l’unica realmente attrezzata, mentre per il resto questa frazione balneare di Modica appartiene davvero ai Modicani, che vi posseggono le loro dimore di villeggiatura: per questo si tratta di un luogo affatto caotico, misurato e godibile. La lunga spiaggia, di sabbia rosa molto fine dolcemente digradante in mare (al punto da permetterci di “toccare” ancora dopo parecchie decine di metri), è quasi interamente libera, pulita e ben curata, e possiede magnifiche dune nella sua parte orientale. Secondo molti si tratta della più bella dell’intero litorale ragusano e siracusano-mediterraneo.
Modica. In questa splendida cittadina barocca a forma di “Y”, col nucleo più antico arroccato sopra uno sperone collinare, abbiamo pranzato, cenato nelle taverne, fatto shopping nei negozi e nelle pasticcerie lungo l’elegante Corso Umberto, passeggiato di giorno, di sera e (quasi) di notte, a piedi e in automobile… profittando dei molteplici punti panoramici per scattare fotografie. Impossibile parlarne estensivamente, e un breve cenno non servirebbe a descriverne adeguatamente il fascino d’impronta barocca, la storia e le caratteristiche. Il territorio comunale è vastissimo (fra Modica e la sua Marina ci sono più di 30km), e la campagna trapunta di carrubi è un susseguirsi di pittoreschi muriccioli a secco che dividono i vari appezzamenti.
Pozzallo. Non siamo d’accordo con chi ce ne aveva enfatizzato spiaggia e mare: non offre nulla più di Marina di Modica, che anzi gli abbiamo di gran lunga preferito; soprattutto perché la quinta di Pozzallo è una cittadina di 20000 abitanti con tanto di porto per grosse imbarcazioni mercantili e traghetti diretti a Malta; laddove noi siamo soliti preferire, ove possibile, contesti un po’ più tranquilli e appartati. Ci siamo comunque stati varie volte per acquistare il pesce fresco: sardine, alici e spada da consumare accompagnati a uno qualsiasi tra i pregevoli bianchi della zona.
Ispica. Ne abbiamo visitato velocemente (troppo) l’abitato sostando di più presso il Santuario della Madonna del Carmelo, poiché una gentilissima signora con le chiavi ha insistito per aprirlo e farcelo visitare; dal fianco della piazza antistante si domina, immersi nell’odore dei carrubi, un versante della famosa Cava d’Ispica, uno dei vari “canyon” siciliani, il più importante e suggestivo della Sicilia sud-orientale: 13 km tra Ispica e Modica immersi nella macchia mediterranea in un contesto paesaggistico e culturale (numerose i reperti archeologici anche preistorici) molto pregevole.
Noto. Vera e propria città-esempio del Barocco Siciliano, si tratta di una località d’arte in piena regola: con tanto di menzione tra gli “hilights” dell’intera Sicilia (anche sulle cartoline d’altri luoghi), pullmini per compiere il giro dell’abitato e negozi “tourist-trap” cui prestare attenzione, non le manca nulla rispetto ad altre realtà italiane maggiori. Non vi è comunque alcuna esagerazione nell’apprezzamento di cui gode, e il corso principale costellato di splendidi edifici religiosi vale da solo il “prezzo del biglietto”. Se poi a ciò si aggiungono le bellezze paesaggistiche dei dintorni e i sapori enogastronomici locali…
Oasi faunistica di Vendicari. Fra i luoghi più suggestivi e giustamente celebrati dell’intera zona, è ubicata sullo Ionio in provincia di Siracusa, lungo la strada tra Noto e Marzamemi: lasciata l’automobile in uno dei parcheggi a pagamento ci si inoltra per diverse centinaia di metri entro una vasta macchia mediterranea (l’Oasi si estende per diversi chilometri) ricchissima di specie animali e vegetali indigene per raggiungere il litorale sabbioso, lambito dal mare cristallino. Alle spalle, enormi pantani accolgono rare specie di uccelli di passo africani, tanto che l’area è disseminata di capanni dove praticare il birdwatching. Noi ci siamo spinti fino ai ruderi della settecentesca tonnara, utilizzata fino al 1943, e abbiamo fatto il bagno nella spiaggia adiacente. Encomiabile l’organizzazione, che prevede persino alcuni addetti lungo i sentieri in grado di soccorrere con acqua freschissima i turisti che ne fossero sprovvisti: inutile sottolineare come il caldo, a queste latitudini, possa talvolta risultare fatale.
Zafferana Etnea. Sosta nella piazza principale, di fronte alla Chiesa Madre in stile eclettico, per una granita seduti in un caffè di piazza Umberto I, con lo sfondo del Vulcano da un lato e il Belvedere dall’altro; quindi partenza alla volta del rifugio Sapienza, il punto più alto del versante etneo raggiungibile in automobile. Il contrasto tra il nero delle colate laviche e il giallo acceso delle ginestre è molto suggestivo, ma lo sono anche le distese “lunari” intorno ai Crateri Silvestri, le abitazioni sommerse dalla lava lungo la discesa verso Nicolosi e i conventi miracolosamente schivati dalla colata; nonché la storia stessa della città, inclusa quella recente, con la colata che nel 1992 si arrestò appena alle porte dell’abitato, proprio presso il luogo in cui il popolo di Zafferana aveva precedentemente portato in processione la stele della Madonna della Provvidenza, ancora oggi presente.
Scicli. Graziosa sin dal profilo che si scorge discendendo il versante che conduce all’intersezione delle valli in cui sorge. Abbiamo pranzato presso il Caffè Sicilia (ottimo e ben presentato il gelato) e dopo un breve giro siamo tornati alle località marinare del suo lungo litorale, che alterna ripide falesie a vaste coste sabbiose, sostando un po’ di più a Donnalucata, principale luogo d’ambientazione della serie televisiva “Montalbano” nonché pregevole stazione balneare.
Pachino. L’abbiamo attraversata in diverse occasioni in automobile, sostando una volta in piazza Vittorio Emanuele per una granita alle more di gelso, di ritorno dall’Oasi di Vendicari.
Portopalo di Capopassero. I paesaggi costieri lungo la strada che vi giunge da Pachino sono quelli di un litorale selvaggio accarezzato dal mare intensamente blu a tratti turchese, più sfumato a mano che ci si approssima alla tonnara dominata dal castello Tafuri: ci troviamo all’estrema propaggine sud-orientale della Sicilia continentale, laddove lo Ionio termina e apre al Mare Libico, con l’sola di Capopassero distante poche centinaia di metri. Il luogo è di grande suggestione, ed è stato celebrato da Mario Soldati come “il più bello mai visto, America e Africa comprese” nel suo libro Vino al vino.

English version:

Riding by car along the never-ending internal roads, one of the first amazing thing You notice is the colour of the countryside here: a dark yellow somewhere more shading into gold, like the most popular white wine in the area, the “Inzolia”. We tried many bottles of it, from different producers, always appreciating its sapid, not much acid character, and its almond taste: this kind of grape is part of the production of many Vermut and Marsala, after all.

What also resulted to be very impressive, differently than on both the other two biggest Mediterranean islands, Sardinia and Corsica, are a couple of things in particular: the size and the quantity of villages, especially along the coast (the only “Modica” reaches nearly 56000 inhabitants); and the picturesque baroque style of the building and Churches decorating the centre of almost every town in the area (due to the rebuilding following the devastating earthquakes occurred in the area during the XVII century).

Talking about wine, the area owns some rare DOC like the one of the red “Eloro Pachino”; unfortunately, in my opinion they often result in a too strong barrique-tasting. But the best of the production here are the whites, especially the sweets “Moscato (or Passito) di Noto”: really savory in spite of their deep sweetness, with a sharp taste of candied fruit.

A special mention goes to “Grillo”, an autochthonous grape which we tried pure from “Feudo Ramaddini” in their “Nassa”: its sweet almond-milk smell coming out from the cup was really amazing.

There are many small farms (sometimes not even too small) in the area who also produce and sell their wines beside some other interesting local products: beware of them (only for the wines), because most of the times what You’ll get is a home-made product not free from defects like oxidation, or sulfur smell.

Cheeses and fresh meat are also big part of the local “gastronomia”: we really liked the salty “Cosacavaddu Ibleo”, and enjoyed many kinds of the typical “Involtini” (slices of thin meat rolled together with cheese, spinaches, pistachios…); somewhere we found them also with egg-plant instead of the meat.

 No need to say that, apart from laying on the wonderful beach of  “Marina di Modica” (with some unexpected lovely sandy hills on its east side), birdwatching the exotic fauna of the “Oasi di Vendicari”, or enjoying the stunning coast-landscapes of the extreme south-east corner of Sicily (in front of the Island of “Capopassero”), your holiday in Sicily can’t really introduce you inside the Sicilian culture if You don’t try pastry. The “cannolo” is of course the most famous, with its sugary ricotta (a soft cheese) filling inside a sort of rolled and fried wafer; but in the area You can have also a plenty of other fine products: the “Impanatigghi”, a tipical filled biscuit from Modica; the “granita”, minced ice, aromatized with many sorts of tastes: to be tried with cream on top, and along with the typical round brioche; or the “gelati”, that on the Island sound good particularly everywhere.

You can refer to my Italian review for a small list of places, winemakers and restaurants we tried.

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