Nascosto in casa del Barolo: il Verduno Pelaverga

L’immagine della langa cuneese è certamente legata a doppio filo a quella della produzione enologica di qualità. Barolo, Barbaresco, Moscato, Dolcetto e Barbera (d’Alba), sono i nomi dei vini solitamente accostati, anche dai meno appassionati, a questo territorio particolarmente dotato per quanto attiene la coltivazione della vite.

Ma all’ombra di denominazioni più o meno colossali, più o meno blasonate, ne esiste una forse sconosciuta ai più eppure in grado di esprimere caratteristiche assolutamente peculiari: il Verduno.

Vinificato dalle bacche dell’antico vitigno Pelaverga per lo più nella zona dei comuni di Verduno e La Morra (forse qualcosa c’è anche a Roddi), presenta solitamente una intrigante speziatura pepata che abbiamo riscontrato anche nella finissima grappa sorbita a fine pasto presso l’agriturismo Ca’ del Re dove abbiamo desinato.

Il nostro, pur non essendo mancata una sortita finale nella casa/agriturismo/cantina del mitico Canonica in Barolo, ha voluto costituire un approccio insolito al regno incontrastato dell’ottimo Nebbiolo, una sorta di escursione culturale divergente dai temi più ovvi e ricorrenti (ma non per questo stucchevoli…)

Le cantine

Fratelli Alessandria. Situata lungo la via Valfrè che immette al centro di Verduno da nord. Al nostro arrivo tutti i Verduno erano terminati, e abbiamo “ripiegato” sul Barolo Gramolere 2008, in realtà definito (per l’intera gamma) uno dei più raffinati dell’intera zona di produzione. Infine impietosito (si fa per dire), il signore che ci ha accolto ci ha domandato di quante bottiglie necessitassimo e, forse traendole dalla scorta personale (così ci è stato detto, in effetti), ce ne ha consegnate un paio.
Castello di Verduno. Grande cortile ombreggiato in cui lasciare l’auto, lunghe chiacchiere con la ragazza che ci ha accolto (e che deve averci scambiato per “recensori” già incontrati in precedenza), e diverse annate di Barbaresco Faset provate e acquistate: la 2008 risulta un po’ indietro, anche se lascia nel calice intense note di cioccolato al latte, ma anche la 2006 e la 2007 non sembrano sconvolgenti quanto a compiutezza. Abbiamo quindi scelto la 2008, che si dice sia più promettente. Quanto al Verduno, abbiamo acquistato il Basadone 2011.
Giovanni Canonica. Eravamo rimasti esitanti di fronte al civico di una casa di corte col cancello sprangato. Sembrava una normale dimora del centro di Barolo, non una azienda agricola. Invece, da una porta in fondo al cortile lastricato è spuntato un uomo che, giunto al cancello, ha accommiatato una coppia e si è presentato a noi come Giovanni Canonica in persona. Ci ha fatto accomodare in casa sua offrendoci immediatamente un calice di Paiagallo 2008, e forse deve avere apprezzato il nostro approccio umile (contrariamente a quello di certi  individui spocchiosi che subito sciorinano qualifica e gradi della loro presunta competenza: ce lo ha detto lui) nonché la nostra condivisione della sua idea di un Barolo (e di un vino) schietto e naturale (solo 19mg/l di solforosa), distante da logiche di produzione modaiole, aristocratiche e snobiste: un vino “proletario”. Non a caso l’agriturismo ospitato all’interno dell’azienda/dimora si chiama “Quarto Stato”, come il famoso dipinto di Pelizza da Volpedo. Dal suo ettaro e mezzo di terreno Giovanni Canonica trae vini divenuti mitici: Baroli (Paiagallo) e Barbere introvabili che egli vende col contagocce (la Barbera pare sia addirittura riservata ad un uso famigliare) e che a noi ha elargito nella quantità di ben 3 bottiglie (su una produzione annuale di 2000 unità…). Durante la breve conversazione ci ha rivelato, fra le altre cose, di non gradire il concetto di “annata preferita”, in quanto dietro ciascuna di esse c’è innanzitutto una fatica sempre meritevole di onore e di rispetto, così come ciascuna costituisce inoltre una differente espressione della volontà della natura sovrana. Resterà famoso l’assunto pronunciato adagio con grande disincanto, calice in mano fra un sorso e l’altro: “un vino è buono se dopo il primo bicchiere ti vien voglia di berne un secondo”. E basta.

Il pranzo

Agriturismo Ca’ del Re. Fa capo al medesimo complesso del Castello di Verduno, ma con ingresso separato sulla via Umberto I. Una discesa al termine di un basso edificio di mattoni immette nel grazioso cortile dal quale si accede alla sala da pranzo. Come antipasto abbiamo mangiato una peculiare bresaola di maiale seguita da un primo piatto di linguine al ragù e dai bocconcini di vitello al Barolo, e terminato il pasto con un’ottima grappa di Verduno nella quale ci è parso di rinvenire, nette, le medesime caratteristiche che ben contraddistinguono il vino (il pranzo è stato accompagnato dal Basadone 2011, il medesimo acquistato al Castello: ci ha lasciato l’impressione di una “speziatura” più leggera rispetto a quella che ricordavamo caratterizzare il Verduno).

I luoghi

Verduno. Tipico centro rurale di langa, immerso fra vigneti in un paesaggio collinare. Senza dubbio grazioso, ma s sottrarlo all’anonimato è certamente il vino che ne porta il nome.
Barolo. Lo abbiamo lambito di sfuggita, giusto il tempo di cercare la via Roma e il civico di casa Canonica. Del resto lo conoscevamo già…

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