Forse nessuno tra noi consumatori saprebbe confermare con certezza se le proprietà nutrizionali del sale rosa risultino realmente più valide, per l’organismo umano, rispetto a quelle del sale tradizionale; e neppure se, e né quanto, il sale grigio contenga una minore quantità di sodio; e potrà darsi che il fine retrogusto speziato del blu di Persia sia frutto di mera suggestione anziché di riscontri sensoriali oggettivi, tuttavia la tassonomia del vecchio e buon cloruro di sodio, citato anche dal Cristo nel Vangelo di Matteo (laddove Gesù si rivolge ai suoi discepoli ammonendoli “Voi siete il sale della terra…“), dona un tocco di fascino esotico, diremmo quasi di cromatico misticismo, alla tavola e alle pietanze d’ogni giorno.
Si tratti di quello rosso delle Hawaii o del nero di Cipro, ammirare i crtistalli o le scaglie che costellano il minuscolo firmamento di saliere trasparenti costuisce un piacere per gli occhi e una curiosità per lo spirito. Curiosità suscitata fin dalle denominazioni, che insieme alla differenza di colore sottolineano quella dei diversi luoghi di provenienza, lungo i cui paesaggi la mente s’invola lasciando presagire pesanti gerle trasportate a spalla da fruste donne Himalayane, presso le locali cave di purissimo salgemma rimasto intatto attraverso i millenni.
Marino o minerale, estratto in miniera o essiccato presso labirintiche saline bretoni, durante il loro impiego consentiamo di fatto a sapidi frammenti inorganici d’impreziosire ciascuna pietanza d’una storia antichissima e del tutto peculiare.
Dicevamo del sale rosa d’Himalaya, per esempio; una sorta di mistica popolare ne descrive tra gli appassionati le proprietà mirabolanti che esplorano contesti tra loro parecchio eterogenei: dal controllo dell’ipertensione fino al presunto riequilibrio del Ph cellulare, e avanti fino a coinvolgere ritmi circadiani e persino la sfera sessuale, l’unico fatto realmente dimostrato resta la sua purezza, assicurata peraltro dal mancato impiego di procedimenti sbiancanti, e da un’estrazione effettuata secondo criteri (fin troppo) tradizionali, poco o per nulla automatizzati.
Il rosso delle Hawaii, invece, deve il suo colore a un’argilla di origine vulcanica, alla quale tributa una concentrazione di ferro assai importante, di gran lunga più elevata rispetto agli altri tipi di sale (fino a 5 volte maggiore); per questo lo si ritiene adatto a insaporire piatti “di sostanza”, carni o pesci alla griglia oppure arrosto. Ed è ovviamente consigliabile in casi di anemia…
Il blu di Persia, anch’esso salgemma naturale, origina invece dalle miniere iraniane. Territorio suggesstivo, quello persiano, in grado di includere luoghi come la città di Ramsar, sul Mar Caspio, in possesso della più alta concentrazione di radioattività di fondo naturale riscontrabile in condizioni “normali” sul nostro pianeta. Ma ciò non incide sulla qualità nè sulla bontà di quest’ottimo sale dal gusto realmente speziato, che deve il proprio nome “colorato” alla silvinite, un minerale talora provvisto di bizzarre tonalità bluastre.
Anche il sale nero di Cipro deriva il proprio colore da un’altra sostanza, aggiunta in questo caso a posteriori. Estratto dalle acque dell’isola mediterranea dalla quale prende il nome, i cristalli vengono arricchiti di carbone vegetale estratto dalla corteccia di alcune specie d’alberi (tipicamente salice e betulla). Presunte virtù disintossicanti a parte (da attribuirsi secondo taluni alla combinazione, per l’appunto, con una sostanza dall’alto potere adsorbente come il carbone vegetale), a noi sembra semplicemente un sale meno deciso d’altri ma ugualmente saporito, oltreché dall’aspetto intrigante e idoneo a decorare insalate e persino cocktail come il nostro Bloody Mary.
Lungo le coste atlantiche francesi viene estratto invece il sale grigio di Bretagna, colorato dalla medesima argilla con la quale vengono costruiti i tipici “labirinti“, entro i quali la marea deposita l’acqua rivoltata dal fondo dell’Oceano; per questo il sale che se ne ottiene possiede un caratteristico retrogusto di salsedine che lo rende particolarmente adatto a insaporire pietanze a base di pesce, anche se a noi piace impiegarlo sulle verdure, cotte o crude, ch’esso contribuisce a ingolosire d’una croccante sapidità.
Doveroso è poi citare l’abitudine, particolarmente in uso presso le culture scandinave, di affumicare il sale al fine di conferirgli aromi molto distintivi, che mutano in funzione del legno prescelto all’uopo; conifere come l’abete conferiscono a quello norvegese un sapore intenso, mentre il legno d’olmo rende assai più delicato il sale proveniente delle reali terre di Danimarca… La tradizione tributa l’origine di questa pratica all’antica civiltà vichinga, tuttavia anche in alcune zone degli Stati Uniti si impiegano legni come quello del melo per ottenere sali dal sapore morbido e caratteristico.
Infine non dimenticheremo certo il nostro sale nazionale: Cervia e Trapani sono entrambe località italiane dalle quali si ricava cloruro di sodio di grande finezza e qualità; il bollente tratto di mare siciliano nei pressi di Marsala, in particolare, ci dona un sale ricco di minerali preziosi come il potassio e il magnesio, e tuttavia povero di sodio: gusto e salute ringraziano.
Complimenti articolo scritto in maniera semplice e esaustiva e argomento molto interessante
Grazie 1000!
Uso pochissimo sale e ammetto di nn averlo mai preso in grande considerazione però ora mi hai incuriosito.
Sherapocosalennfamale